Addio prima serata: come la TV italiana ci ha rubato il sonno in nome dell’audience
C’era un tempo, non così lontano, in cui la scansione della serata di un italiano medio era un rito quasi sacro, prevedibile e rassicurante. La cena in famiglia, il telegiornale delle 20:00 e poi, puntuale come un orologio svizzero, alle 20:30 o al massimo alle 20:40, la magia della prima serata. Un film, un varietà scintillante, un quiz che teneva incollate intere generazioni allo schermo. Era un patto non scritto tra le emittenti e il pubblico: intrattenimento di qualità, offerto a un orario che rispettava la vita, il lavoro e, soprattutto, il sonno. Un’epoca in cui si poteva guardare un programma per intero e avere ancora il tempo di scambiare due chiacchiere prima di andare a dormire a un’ora ragionevole. Oggi, quella sembra la sceneggiatura di un film di fantascienza.
“Ridateci la prima serata alle 20:30!”, è il grido che si leva, sempre più forte, da una platea di spettatori esausti, nostalgici e frustrati. Una supplica che non è solo un vezzo da “si stava meglio quando si stava peggio”, ma la fotografia di un cambiamento profondo e, per molti versi, dannoso. Quella che una volta era la “prima serata” è diventata una maratona estenuante che prende il via quando molti, un tempo, si preparavano già per la notte. Ma come siamo arrivati a questo punto? Come abbiamo permesso che il cuore pulsante dell’intrattenimento televisivo slittasse sempre più in là, fino a diventare “prima nottata”?
La trasformazione non è stata improvvisa, ma una lenta e inesorabile deriva, guidata da logiche commerciali spietate e da una concorrenza sempre più agguerrita. Il punto di rottura può essere identificato con la nascita e il consolidamento della fascia dell’ “access prime time”. Programmi come “Striscia la Notizia” o “I Soliti Ignoti”, nati come brevi cuscinetti tra il telegiornale e il programma serale, si sono trasformati in colossi d’ascolto. Allungandosi a dismisura, hanno iniziato a erodere minuti preziosi, spingendo l’inizio del film o dello show successivo sempre più in avanti. Questa striscia quotidiana è diventata una miniera d’oro per le reti: ascolti altissimi, fedeltà del pubblico e, di conseguenza, introiti pubblicitari stellari. Sacrificare questo tesoro per tornare ai vecchi orari? Impensabile, per chi deve far quadrare i conti.
Il risultato è un paradosso crudele: per arrivare al piatto forte della serata, lo spettatore deve sorbirsi un antipasto infinito, spesso farcito di blocchi pubblicitari che dilatano i tempi all’inverosimile. Il film che sulla carta dovrebbe iniziare alle 21:20, nella realtà non parte prima delle 21:45, a volte anche più tardi. E se si tratta di un evento lungo, come un film di due ore e mezza o una finale di un reality, la conclusione arriva ben oltre la mezzanotte, trasformando il giorno dopo in un incubo di sbadigli e caffè doppi per milioni di lavoratori e studenti.
Le conseguenze di questa “inflazione temporale” vanno ben oltre la semplice seccatura. Si tratta di un vero e proprio problema di salute pubblica. Numerosi studi hanno dimostrato la correlazione tra la privazione di sonno e un aumento di stress, ansia, difficoltà di concentrazione e problemi di salute a lungo termine. La televisione, che dovrebbe essere un momento di relax e svago, è diventata per molti una fonte di stress e un fattore che contribuisce a uno stile di vita meno sano. Le famiglie sono le prime vittime. I bambini e i ragazzi in età scolare sono di fatto esclusi dalla visione di gran parte dei contenuti di prima serata, costretti ad andare a letto mentre i loro genitori iniziano appena a vedere il programma principale. Si perde così quel valore di collante sociale e familiare che la TV un tempo possedeva, quando ci si riuniva tutti insieme sul divano per commentare, ridere o emozionarsi.
Ma c’è di più. In un’epoca dominata dallo streaming on-demand, questa strategia delle reti tradizionali appare anacronistica e quasi suicida. Perché uno spettatore dovrebbe sottostare a orari impossibili e a interruzioni pubblicitarie infinite, quando con un clic può scegliere cosa guardare, quando guardarlo e senza spot? Piattaforme come Netflix, Amazon Prime Video e Disney+ hanno costruito il loro successo proprio sulla flessibilità, offrendo un’alternativa potente alla rigidità dei palinsesti lineari. Insistendo su un modello che posticipa l’intrattenimento, la TV generalista non fa altro che spingere una fetta sempre più ampia di pubblico, soprattutto i più giovani, verso altri lidi digitali.
Eppure, la televisione di un tempo, quella “più vicina, meno pomposa ma più fantasiosa” che in molti ricordano, aveva un suo perché. Era una televisione che si sentiva parte della vita delle persone, non un’entità che cercava di dettarne i ritmi a proprio vantaggio. Era un servizio pubblico, nel senso più nobile del termine, anche quando offerto da emittenti private. Oggi, quella sensazione si è persa. Lo spettatore si sente un ostaggio, costretto ad aspettare, a subire, a sacrificare il proprio tempo e il proprio riposo in nome di uno share che sembra essere l’unico dio a cui la televisione contemporanea rende omaggio.
Forse, come recita l’amara riflessione, “eravamo felici e non lo sapevamo”. Felici di una semplicità che oggi ci appare come un lusso perduto. La battaglia per riportare le lancette indietro, per riconquistare quelle serate rubate, è forse una battaglia contro i mulini a vento. Ma continuare a far sentire la propria voce, a chiedere un palinsesto più umano e rispettoso, non è solo un atto di nostalgia. È una legittima richiesta di qualità della vita, la rivendicazione del diritto a un intrattenimento che sia un piacere, non una prova di resistenza. Perché in fondo, la prima serata appartiene a chi la guarda, non a chi la programma. O almeno, così dovrebbe essere.
News
Vergognandosi di sua moglie, il milionario portò l’amante alle trattative all’estero! Ma quando vide chi sedeva a capotavola — rimase di sasso…
Vergognandosi di sua moglie, il milionario portò l’amante alle trattative all’estero! Ma quando vide chi sedeva a capotavola — rimase…
«Senza soldi e senza casa, ho trovato riparo sotto un ponte dell’autostrada con la mia piccola figlia»
«Senza soldi e senza casa, ho trovato riparo sotto un ponte dell’autostrada con la mia piccola figlia» «Senza soldi e…
La presuntuosa Karen mi strappa il vestito, convinta che fossi solo una cameriera—ma mio marito miliardario…
La presuntuosa Karen mi strappa il vestito, convinta che fossi solo una cameriera—ma mio marito miliardario… La presuntuosa Karen mi…
Ho donato il mio fegato a mio marito… ma il medico mi ha detto: “Signora, il fegato non era per lui.”
Ho donato il mio fegato a mio marito… ma il medico mi ha detto: “Signora, il fegato non era per…
Durante l’ultima visita prenatale, il medico fissò l’ecografia, le mani tremanti. Con voce bassa disse: «Devi andartene da qui e allontanarti da tuo marito». Quando gli chiesi il perché, rispose soltanto: «Capirai quando lo vedrai». Da quel momento, non sono più tornata a casa…
Durante l’ultima visita prenatale, il medico fissò l’ecografia, le mani tremanti. Con voce bassa disse: «Devi andartene da qui e…
Abandonnée et Trahie par son Mari, une Femme Handicapée Est Sauvée par un Homme Mystérieux : L’Incroyable Quête de Justice d’Emma
Abandonnée et Trahie par son Mari, une Femme Handicapée Est Sauvée par un Homme Mystérieux : L’Incroyable Quête de Justice…
End of content
No more pages to load