L’intelligenza artificiale ha scansionato l’Esercito di terracotta: la scoperta sta cambiando la storia della Cina!

Archäologie: 50 Jahre Terrakotta-Armee: Noch immer verblüffende Funde | DIE  ZEIT

Per oltre duemila anni, sono rimasti in silenzio, un esercito fantasma congelato nell’argilla, a guardia di un segreto mortale. L’Esercito di Terracotta del primo imperatore cinese, Qin Shi Huang, è una delle meraviglie archeologiche più sbalorditive del mondo. Ma nel 2025, il silenzio è stato rotto. Una nuova, sofisticata tecnologia di intelligenza artificiale, puntata su queste legioni mute, ha appena svelato un dettaglio che sta costringendo gli storici a riscrivere ciò che sappiamo su uno degli uomini più potenti e spietati che siano mai vissuti.

La scoperta non è un nuovo carro o un’arma, ma qualcosa di molto più intimo e, in un certo senso, più inquietante. È nascosto nei volti stessi dei soldati.

Per decenni, il miracolo dell’esercito è stato la sua incredibile individualità. Degli oltre 8.000 guerrieri stimati, non ce ne sono due esattamente identici. Ogni soldato ha baffi, acconciature, armature e lineamenti unici. Si è sempre pensato che questa fosse una testimonianza della straordinaria abilità e della produzione industriale degli artigiani imperiali, che utilizzavano stampi per le parti di base (gambe, torsi, teste) per poi personalizzare ogni figura a mano.

Ma l’IA ha visto più a fondo. Utilizzando scansioni 3D ad altissima risoluzione e algoritmi di apprendimento automatico, i ricercatori hanno analizzato migliaia di misurazioni infinitesimali: l’angolazione di un orecchio, la profondità di un mento, la piega di una palpebra. I modelli emersi sono troppo precisi, troppo umani, per essere frutto dell’immaginazione artistica.

L’ipotesi di lavoro che ne è derivata è sbalorditiva: molti dei guerrieri, in particolare gli ufficiali di alto rango, non sono semplicemente “individualizzati”. Sono ritratti. Veri e propri ritratti di persone reali che prestarono servizio nell’esercito invincibile dell’imperatore.

Questa non è più solo un’impresa artistica; è un censimento in argilla. L’imperatore non si accontentò di creare un esercito generico per l’aldilà; egli portò con sé i suoi uomini, le loro facce, la loro identità, legandoli a lui per l’eternità. Questa rivelazione getta una nuova luce sulla sua megalomania, sulla sua ossessione per il controllo assoluto non solo sulla vita, ma anche sulla morte e sulla memoria stessa.

La scoperta di questo esercito, nella primavera del 1974, fu essa stessa un evento degno di una leggenda. In un campo arido fuori Xi’an, alcuni contadini locali, tra cui un uomo di nome Yang Jifa, stavano scavando un pozzo per combattere una siccità devastante. A circa cinque metri di profondità, la pala di Yang colpì qualcosa di duro. Non era una roccia. Dalla terra emerse una testa di terracotta a grandezza naturale. Presto seguirono altri frammenti: torsi, armature, punte di freccia in bronzo.

Senza saperlo, avevano appena scoperchiato il tetto di uno dei più grandi complessi archeologici della Terra. Fu solo grazie all’intuito di un funzionario culturale locale, Zao Kangmin, che i frammenti furono salvati dall’essere venduti come rottami e fu compresa la loro vera importanza.

Ciò che è emerso nei successivi cinquant’anni di scavi sfida ancora l’immaginazione. Non si tratta solo di una fossa, ma di un complesso di diverse aree. La Fossa 1, la principale, è un’enorme sala sotterranea, grande quanto due campi da calcio, che ospita la forza d’invasione principale: file su file di fanteria corazzata, un tempo armata di lance e spade reali, pronta alla battaglia. La Fossa 2 rivela la strategia dell’imperatore: un’unità di armi combinate con cavalleria, arcieri in ginocchio (colti nell’atto di tendere l’arco) e carri da guerra. La Fossa 3 è il quartier generale, un posto di comando d’élite con ufficiali di alto rango. Una quarta fossa è stata trovata vuota, un progetto monumentale interrotto, forse, dalla morte stessa dell’imperatore.

Anche dopo mezzo secolo, le scoperte continuano. Proprio tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025, gli archeologi hanno portato alla luce nella Fossa 2 una figura di ufficiale particolarmente elaborata, un comandante di alto rango il cui copricapo e la cui armatura dettagliata lo distinguono. Si tratta di una scoperta incredibilmente rara; dal 1974 sono stati trovati solo una decina di comandanti di questo livello.

Terrakottakrieger aus China in Bern angekommen - SWI swissinfo.ch

Ma la vera tragedia di questa scoperta è ciò che abbiamo perso. Quando i primi guerrieri emersero dal terreno umido negli anni ’70, erano ricoperti di colori vivaci: rossi profondi, blu brillanti, viola e rosa. Tra questi pigmenti c’era il “Porpora Han”, uno dei primi pigmenti sintetici mai creati dall’uomo. Questi colori erano applicati su uno strato di lacca naturale. Si trattò di un disastro archeologico: a contatto con l’aria secca, la lacca si è disidratata, arricciata e staccata, portando via con sé la vernice. A volte, i colori svanivano in appena quindici secondi. Oggi, le squadre di restauro utilizzano stabilizzanti chimici per preservare ogni traccia di colore rimasta, ma la maggior parte dell’aspetto originale dell’esercito è andata perduta per sempre, lasciandoci solo il grigio dell’argilla.

Eppure, questo incredibile esercito è solo la guardia del corpo. È la punta dell’iceberg. Tutti gli 8.000 soldati, insieme a musicisti, acrobati, funzionari e persino un serraglio di animali di bronzo, sono disposti a protezione di qualcosa di molto più grande: la tomba del loro padrone.

A circa un chilometro e mezzo di distanza si erge un enorme tumulo, una collina artificiale alta quasi 70 metri. Sembra una collina pacifica, ma è forse il mausoleo più letale e inviolabile mai costruito. Sotto quella terra si nasconde il palazzo sotterraneo di Qin Shi Huang, e in oltre 2.200 anni, nessuno l’ha mai aperto.

Le ragioni sono un misto di rispetto, scienza e paura mortale.

Tutto ciò che sappiamo del suo interno proviene da un unico testo antico, scritto dallo storico Sima Qian circa 100 anni dopo la morte dell’imperatore. Per secoli, la sua descrizione è stata liquidata come una fantasia mitologica. Oggi, la scienza moderna ha confermato che Sima Qian stava dicendo la verità.

Egli scrisse che la tomba è una replica in miniatura dell’impero, con palazzi e torri. Affermò che il soffitto è dipinto con le costellazioni celesti e il pavimento è una mappa della terra. Ma soprattutto, descrisse “fiumi e mari” realizzati in “mercurio che scorre”. Studi moderni sul terreno del tumulo hanno confermato livelli di mercurio spaventosamente alti, da 1.440 a 2.200 parti per miliardo, rispetto a una media regionale di poche decine. Il mercurio tossico sta letteralmente fuoriuscendo dal terreno ancora oggi. Aprire la tomba significherebbe rilasciare una nube di vapore di mercurio letale, capace di distruggere i polmoni e il sistema nervoso in pochi minuti.

In secondo luogo, c’è la conservazione. Come abbiamo imparato a nostre spese con la vernice dei guerrieri, l’equilibrio atmosferico di una tomba sigillata da millenni è unico. L’irruzione di ossigeno e il cambiamento di umidità potrebbero disintegrare istantaneamente seta, manoscritti e altri manufatti fragili.

Infine, ci sono le trappole. Sima Qian descrisse balestre meccaniche progettate per scoccare automaticamente contro qualsiasi intruso. Sebbene il legno e i tendini siano certamente marciti, i meccanismi di bronzo potrebbero essere ancora sotto tensione. Le scansioni radar hanno rilevato zone ricche di metallo e “punti di strozzatura” nei corridoi, che sembrano coerenti con un piano di difesa deliberato. A questo si aggiunge il rischio di crolli strutturali e di inondazioni, dato che la falda acquifera si trova a soli 30 metri di profondità.

La tomba rimane sigillata, un enigma protetto da veleni e ingegneria antica. Ma chi era l’uomo che ha concepito un simile progetto?

Per capire questo mausoleo, bisogna capire la mente del primo imperatore. Nato come Ying Zheng, salì al trono dello stato di Qin a soli 13 anni. In un’epoca di caos brutale, conosciuta come il periodo degli Stati Combattenti, egli fece ciò che nessuno aveva mai fatto: conquistò tutti e sei gli stati rivali, unificando la Cina per la prima volta nel 221 a.C.

Abbandonò il titolo di “re” e ne coniò uno nuovo: “Huangdi”, o Imperatore. Si autoproclamò Qin Shi Huang, il Primo Imperatore.

Kaiser der Terrakotta-Armee: Seine Konkubinen erflehten den Tod, davor  brachte man die Arbeiter um - WELT

Era un seguace del “Legalismo”, una filosofia che credeva che gli esseri umani fossero intrinsecamente egoisti e potessero essere controllati solo attraverso leggi chiare, ricompense severe e punizioni spietate. Con questa mentalità, rifuse l’impero. Non si limitò a conquistare; egli standardizzò. Impose un’unica valuta, un unico sistema di pesi e misure, e persino un unico sistema di scrittura. Ordinò che gli assi dei carri avessero tutti la stessa larghezza, in modo che potessero viaggiare senza problemi sui solchi delle nuove strade imperiali che si irradiavano dalla capitale.

Questo controllo si estendeva al pensiero. Per eliminare il dissenso, ordinò il famigerato rogo dei libri, distruggendo testi di storia e filosofia che non si allineavano con la sua visione. Centinaia di studiosi che protestarono furono, secondo i resoconti, giustiziati.

Ma c’era un nemico che il suo controllo assoluto non poteva sconfiggere: la morte.

Negli ultimi anni della sua vita, Qin Shi Huang divenne ossessionato dalla ricerca dell’immortalità. Inviò spedizioni, come quella guidata dall’alchimista Xu Fu, attraverso il mare orientale alla ricerca del mitico elisir della vita. Ma l’ironia più crudele è riservata proprio a questa sua ricerca.

Mentre aspettava l’elisir, l’imperatore beveva regolarmente “pozioni” preparate dai suoi alchimisti di corte, destinate a prolungare la sua vita. L’ingrediente chiave di molte di queste pozioni? Il mercurio, la stessa sostanza che ora riempie la sua tomba.

Gli storici moderni ritengono che non sia stato il tempo, ma l’avvelenamento cronico da mercurio a causare i suoi attacchi di paranoia e, infine, la sua morte nel 210 a.C., all’età di circa 49 anni, mentre era in viaggio di ispezione. Morì cercando la vita eterna, ucciso dalla sua stessa medicina.

Il suo impero, costruito con il sangue e il ferro, crollò quasi istantaneamente dopo la sua morte. La dinastia Qin durò appena 15 anni. Eppure, il suo sistema, l’idea di un’autorità centralizzata e di un’unica Cina, fu adottato dalla successiva dinastia Han e divenne il modello di governo cinese per i successivi duemila anni.

Oggi, mentre l’intelligenza artificiale scruta i volti dei suoi soldati di terracotta, non vediamo solo guerrieri. Grazie a questa nuova scoperta, per la prima volta, forse stiamo guardando negli occhi gli uomini reali che vissero e morirono sotto il giogo di un uomo che voleva controllare tutto, persino il passato e il futuro. E in un certo senso, sigillando la sua tomba in modo così perfetto, ci riesce ancora.