“Colpevoli mai condannati”. Desirée Piovanelli, 23 anni dopo l’omicidio il papà rompe il silenzio
Sono trascorsi ventitré anni, ma per Maurizio Piovanelli il tempo sembra essersi fermato. Dal 28 settembre 2002, giorno in cui la figlia Desirée fu uccisa brutalmente a soli 14 anni, la sua vita è segnata da un dolore che non conosce tregua. Da allora vive alla ricerca di una verità che sente negata, convinto che chi doveva pagare davvero non sia mai stato arrestato. “Desi merita giustizia, era una brava ragazza”, dice ai giornalisti con voce che mescola determinazione e stanchezza.
A 63 anni, Maurizio continua a muoversi tra carte giudiziarie, avvocati e delusioni. L’ultima lo ha colpito di recente: Giovanni Erra, l’unico adulto tra i condannati, entro l’anno sarà libero grazie a uno sconto di pena di sette anni per buona condotta. Una notizia che non lo sorprende: “Lo sappiamo tutti che trent’anni diventano venti, l’Italia è così e lo accettiamo”. Ciò che per lui conta davvero non è la durata delle pene, ma il fatto che non tutti i responsabili siano stati individuati. “Non accettiamo che i colpevoli non vengano identificati”.
“Colpevoli mai condannati”. Desirée Piovanelli, 23 anni dopo l’omicidio il papà rompe il silenzio
La battaglia di Maurizio Piovanelli ha subito un duro colpo nel 2021, quando l’inchiesta bis fu archiviata. Ma lui non si è fermato: “Chiedo nuove indagini. La ricerca della verità per noi non è finita. I colpevoli sono ancora liberi e tante cose non sono state chiarite”, ribadisce. Tra i punti ancora oscuri cita una telefonata sospetta: “A cominciare dalla telefonata di uno dei minorenni a un adulto dopo l’omicidio. Se fosse stato verificato a chi era indirizzata la chiamata poteva venire fuori il mandante”.
Nella sua visione, la figlia non sarebbe morta in seguito a uno stupro di gruppo, come stabilito in Cassazione, ma vittima di un sequestro organizzato da una rete di pedofili nella Bassa bresciana. Restano interrogativi anche sul Dna: “Non è mai stato analizzato e mi chiedo perché. C’è ancora da scavare”. Un dettaglio che alimenta i dubbi di un padre che non smette di cercare risposte.
“Non ho mai ricevuto aiuti. Vado avanti da solo”, confida Piovanelli. Eppure non perde la speranza: “Penso che la battaglia sia ancora lunga, ma sono sempre fiducioso che si possa fare chiarezza”. In tasca, insieme ai suoi avvocati, custodisce una possibile mossa per riaprire il caso. “Io e i miei avvocati stiamo preparando la prossima mossa, ma non posso ancora dire nulla. Spero sia la volta buona”.
Desirée Piovanelli, 14 anni, di Leno (Brescia), venne uccisa il 28 settembre 2002. Quel giorno era uscita di casa per andare in ludoteca, ma non fece più ritorno. Il suo corpo fu rinvenuto sei giorni dopo in un casolare abbandonato: era stata colpita con 39 coltellate. Le indagini si concentrarono su un gruppo di ragazzi del posto, tre minorenni e un maggiorenne, Giovanni Erra. Tutti confessarono inizialmente, salvo poi ritrattare. Erra, ritenuto l’esecutore materiale, fu condannato a 30 anni di carcere, mentre i tre complici ricevettero pene comprese tra 19 e 21 anni; un quinto giovane, amico degli imputati, fu assolto. Il movente non è mai stato chiarito del tutto: si ipotizzarono gelosie o rancori personali. I genitori di Desirée, Maurizio e Luisella, non hanno mai smesso di chiedere giustizia e continuano a ricordarla. Nel 2022, a vent’anni dal delitto, il caso è stato riaperto per nuove analisi del DNA, ma senza risultati conclusivi.
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