Io, un Uomo da Cani, Vi Racconto Come una Gatta mi ha Scelto e ha Cambiato la mia Vita

May be an image of cat

Nella mia vita, c’è sempre stata una certezza incrollabile: io ero un “uomo da cani”. Una definizione che mi ero cucito addosso con orgoglio, un’etichetta che riassumeva anni di esperienze, ricordi e affetti. Sono cresciuto con il respiro affannoso di un Labrador dopo una corsa, con la lealtà incrollabile di un Pastore Tedesco, con l’abbaiare festoso che ti accoglie sulla porta. I cani della mia famiglia li avevamo scelti noi: cuccioli goffi presi da un allevamento, ognuno una decisione ponderata, un nuovo membro aggiunto al clan con un preciso atto di volontà. I gatti? Li osservavo da lontano, creature affascinanti ma aliene, indipendenti, misteriose. Belli, sì, ma non per me. O almeno, così credevo.

Poi, come spesso accade nella vita, una crepa si è aperta nelle mie certezze. E quella crepa aveva la forma sinuosa di una gatta dal pelo folto e due occhi verdi e profondi. La sua storia era iniziata con un finale triste. La sua anziana padrona, la donna che era stata tutto il suo mondo, era venuta a mancare. Nel dolore e nella confusione della perdita, nessuno nella famiglia poteva o voleva occuparsi di lei. Così, come un pacco indesiderato, era finita a casa della famiglia di un mio caro amico. Erano brave persone, ma era evidente che la sua presenza fosse un peso, una soluzione temporanea in attesa di un destino incerto.

La prima volta che la vidi, era rannicchiata su una poltrona, un’isola di solitudine in un mare di indifferenza. Sembrava smarrita, un’anima in pena che non capiva perché il suo mondo fosse stato stravolto. Eppure, in lei non c’era rassegnazione, ma una dignità silenziosa. “È splendida”, dissi al mio amico, senza pensare. Le parole mi uscirono dal cuore. Lui mi guardò, quasi sollevato. “Davvero? Perché, se vuoi, puoi prenderla tu.”

Quella domanda fu una fitta al cuore. La volevo. In quel preciso istante, sentii un legame, un desiderio irrazionale di portarla via con me, di darle la sicurezza che meritava. Ma non potevo. La mia vita era in una fase di transizione, vivevo in un piccolo appartamento in affitto dove non erano ammessi animali, sognando una stabilità che sembrava ancora lontana. A malincuore, dovetti rifiutare. Lasciai quella casa con un senso di amarezza e di impotenza, con l’immagine di quegli occhi verdi impressa nella mente.

Passarono otto mesi. Otto lunghi mesi in cui la mia vita, finalmente, prese la direzione giusta. Trovai un nuovo lavoro, riuscii a mettere da parte dei risparmi e, infine, firmai il contratto per una casa tutta mia. Un nido vuoto, pieno di scatoloni e di promesse. E in mezzo a quel caos felice, un pensiero tornava costantemente a galla: lei. Chiamai il mio amico, con il cuore che batteva forte. “La gatta… è ancora lì con voi?”

Due giorni dopo, era nel mio salotto. Le diedi un nuovo nome per un nuovo inizio: Cleo. Mi aspettavo un periodo di adattamento, timidezza, forse paura. Invece, Cleo uscì dal trasportino, si stiracchiò, esplorò ogni angolo della casa con la curiosità di una regina che ispeziona il suo nuovo regno e poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, saltò sul divano e si accoccolò al mio fianco, iniziando a fare le fusa. In quel momento, capii. Non ero io ad averla salvata da una situazione difficile. Era lei che aveva pazientemente aspettato che io fossi pronto per lei.

Cleo si è rivelata un piccolo uragano di pelo e dolcezza. Ha spazzato via tutte le mie vecchie convinzioni sui gatti. È un concentrato di energia pura: corre per casa come un fulmine, si lancia in agguati giocosi contro i miei piedi, insegue ombre che solo lei può vedere. Ma dietro questa facciata da terremoto, c’è un’anima di una tenerezza disarmante. È la creatura più affettuosa che abbia mai conosciuto.

Ha riscritto le regole della mia vita. Non sono più solo. Lei è la mia ombra. Mi segue in ogni stanza, mi osserva mentre cucino, si accoccola sulle mie gambe quando leggo. La notte dorme con me, un peso caldo e rassicurante sul mio petto. Ogni volta che rientro a casa, mi accoglie sulla porta con un miagolio che è un misto di saluto e di leggero rimprovero per averla lasciata sola.

È buffa, sensibile, incredibilmente intelligente. Abbiamo sviluppato un nostro linguaggio, fatto di sguardi, di miagolii con inflessioni diverse, di testate affettuose. È diventata il centro del mio universo domestico, il cuore pulsante della mia nuova casa.

Ripenso spesso a quella certezza che avevo, a quel “sono un uomo da cani”. Era una definizione comoda, ma limitante. L’amore non ha etichette, non segue regole. Arriva e basta. I cani della mia vita li avevamo scelti noi, in famiglia. Ma Cleo… lei ha scelto me. Ha visto qualcosa in me quel giorno, su quella poltrona, e ha deciso di aspettare. E io, senza saperlo, stavo costruendo un futuro non solo per me, ma anche per lei.

Oggi non riesco più a immaginare una vita senza il suo pelo sul cuscino, senza il suo fare le fusa che mi culla nel sonno, senza la sua presenza silenziosa e costante. Non ho scelto di avere un gatto. Ho avuto la fortuna che un gatto scegliesse me. E da quel momento, il mio futuro ha smesso di essere solo mio, ed è diventato nostro.